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PRODUZIONE DEI MANOSCRITTI


CARTA E FILIGRANA


Vi sono numerosi manoscritti medievali scritti su CARTA. Già nel XV secolo i piccoli libri economici per i preti e gli studenti erano fatti di carta più che di PERGAMENA. Ma anche le librerie degli aristocratici possedevano libri su carta. Alcuni manoscritti di carta sono sopravvissuti con i entrambi i fogli esterni dei FASCICOLI di pergamena, forse perché la pergamena essendo più resistente proteggeva meglio queste parti che erano maggiormente sottoposte all’usura. La carta fu un’invenzione cinese, risalente forse al II secolo e questa tecnica di produzione impiegò circa mille anni per giungere, attraverso il mondo arabo, in Occidente. A partire dal XIII secolo c’erano mulini per la produzione di carta in Spagna, Italia ed in Francia dal 1340, in Germania dal 1390 ma probabilmente, non per l’Inghilterra dove occorre attendere il tardo XV secolo. La carta era esportata dai luoghi di produzione in tutta Europa.
Intorno al 1400 la CARTA divenne un mezzo comune per piccoli volumi di sermoni, libri di testo economici, opuscoli popolari e così via. Non più tardi del 1480 una regola dell’Università di Cambridge prevedeva che i soli libri di pergamena fossero accessibili al prestito. La carta veniva, dunque, considerato materiale irrilevante. Fu con l’invenzione della stampa negli anni cinquanta del XV secolo a trasformare il mercato ed il volume di produzione della carta tanto da abbatterne i costi e da farne, nel tardo XV secolo, il supporto per tutti i libri a parte i più lussuosi.
La CARTA medievale era fatta da cenci di lino. È infatti maggiormente resistente e duratura della carta moderna a base di polpa di legno e gli scrivani del XV secolo si sbagliavano nel considerare scarsa la sua affidabilità. La carta di cenci veniva fatta come segue: gli stracci bianche erano selezionati e lavati minuziosamente in una tinozza con buchi di drenaggio e poi lasciati a fermentare per quattro o cinque giorni. In seguito, i cenci che vanno disintegrandosi sono tagliati a pezzi e battuti per alcune ore in acqua corrente, lasciati macerare per una settimana e poi battuti ancora e così via per molte altre volte fino al momento in cui si trasforma in una polpa fluida. Allora viene versata in una grande tinozza. Un telaio di fili veniva immerso nella vasca e , una volta estratto, tirava su una pellicola di fibre bagnate; poi veniva scosso e liberato dalle sgocciolature e finalmente svuotato su un panno di feltro. Su di esso si poneva un altro panno di feltro e così ogni foglio umido veniva posizionato all’interno di una struttura fatta di strati di fogli di carta e di panni feltro alternati. In seguito, questa struttura multistrato veniva pressata per togliere l’acqua in eccesso ed i fogli di carta rimossi e posti ad asciugare. Una volta pronti, i fogli venivano imbozzimati attraverso l’immersione in una colla animale ottenuta dall’ebollizione di scarti di pellame.
L’imbozzimatura rendeva la carte meno assorbente e le consentiva di trattenere l’ INCHIOSTRO. In questo stadio, i fogli potevano essere nuovamente pressati per essere resi maggiormente piani. Qualche volta, in particolare nell’Italia del nord est (certamente sotto l’influenza araba) la carta veniva lucidata per mezzo di una pietra levigata per ottenere una superficie lucida. Accade che il telaio lasci delle righe nei punti dove la polpa di carta era più fina e, a partire dal 1300, i produttori di carta europei iniziarono ad inserire nell’intreccio del telaio dei bolli in modo che immagini divertenti o emblematiche fossero anch’esse impresse nello spessore della carta. Questi marchi erano invisibili quando il foglio era steso o piegato in un libro ma risultavano ben visibili controluce. Questo TIPO DI FILIGRANA divenne pian piano un mezzo per distinguere i diversi mercati e luoghi di produzione della carta.

Localizzazione dei bolli di filigrana su una pagina: A. folio, B. in quarto, C. in octavo
Tratto da Jean Glenisson, La Livre au Moyen Age (Brepols: Presses du CNRS, 1988), fig. 26, p. 32.


Prima che uno scriba medievale potesse iniziare a scrivere un manoscritto occorreva decidere se usare CATA o PERGAMENA. La carta era più economica e leggera avendo anche il vantaggio di venir fornita già nell’esatto formato necessario. La pergamena, ritenuta maggiormente resistente, possedeva anche una superficie rugosa che permetteva una maggiore flessibilità nell’uso della penna rispetto alla piattezza della carta. I manoscritti più belli ed elaborati erano, quindi, prodotti con la pergamena, che era infatti utilizzata per i LIBRI DELLE ORE e ed altri libri tradizionali destinati ad una lunga vita.
La pergamena e la carta così come venivano finiti dai LAVORATORI DELLA PERGAMENA o da quelli della carta erano forniti in grandi fogli rettangolari. Un libro non è fatto di singole pagine ma di paia di fogli ovvero BIFOLIA. Diversi paia di fogli sono assemblati assieme uno dentro l’atro, piegati verticalmente fino alla metà e possono essere incollati nel mezzo della piega centrale per ottenere un libro nella sua forma più semplice. Ognuna di queste giunzioni di bifolia ripiegati è detto FASCICOLO o QUADRENO. Generalmente tutti i manoscritti medievali sono costituiti da fascicoli. Un manoscritto è un’entità formata dall’assemblamento in sequenza di unità più piccole. Scrivani e miniaturisti lavoravano un fascicolo per volta. Esaminando oggi un manoscritto medievale, il primo compito deve essere quello di scrutare il centro dello stesso per individuare le legature e comprendere dove fisicamente iniziano e finiscono i diversi fascicoli. Un fascicolo è di solito costituito da otto fogli ovvero da quattro bifolia. Nei primi manoscritti irlandesi e nei libri italiani del XV secolo i fascicoli potevano spesso essere di dieci fogli. Le piccolissime Bibbie del tredicesimo secolo, che utilizzavano pergamena estremamente fina, erano solitamente fatte con fascicoli costituiti da dodici, sedici o anche ventiquattro fogli. Alle volte un libro era fatto principalmente di fascicoli da otto fogli ma finiva con uno di sei o dieci poiché la conclusione del testo vi entrava più comodamente. Altre volte, all’interno di un medesimo manoscritto potevano trovarsi fascicoli di lunghezza irregolare e ciò indica come il libro venne effettivamente assemblato.
Come già detto, esistono notevoli differenze fra i due lati della pergamena, la PARTE DELLA PELLE
(interna)e laPARTE DEL PELOAnche nella carta prodotta a mano, ad un attento esame, è possibile individuare da quale parte la FILIGRANA e le tracce del telaio vennero impresse. Praticamente senza eccezioni, lungo una storia di produzione editoriale europea di oltre mille anni, in ogni possibile circostanza, le superfici delle pagine corrispondevano: la PARTE DELLA PELLE (interna)  era di fronte alla PARTE DELLA PELLE (interna), e la PARTE DEL PELO collimava con la PARTE DEL PELO, e per la carta, la parte filigranata era di fronte ad un’altra. È un fatto straordinariamente costante ed anche sorprendente in quanto i manuali dell’arte non ne fanno menzione alcuna. Un’interruzione di tale regolare sequenza è così raro da poter essere considerata senza dubbio una della prime indicazioni che nel manoscritto mancano alcune pagine.
Se prendiamo un FOGLIO di carta ordinario dalla forma oblunga, colorato o comunque in qualche modo marcato da una sola parte, e lo si depone orizzontalmente su una tavola con la parte colorata in alto, e poi lo si pieghi centralmente a metà secondo la sua altezza verticale, la forma così ottenuta sarà detta foglio. Se adesso lo si piega ancora una volta a metà, piegandolo secondo la sua metà orizzontale, resta oblungo ma maggiormente quadrato ed il suo formato si dice quarto, poiché è composto da quattro spessori ripiegati. Piegandolo ancora a metà il blocco cartaceo diviene un ottavo della forma originale e viene detto ottavo. Immaginando che esso sia un fascicolo all’interno di un libro avrà una piega centrale e margini non tagliati. Aprendo con un tagliacarte o con un dito i margini pagina dopo pagina si potrà notare come la Pagina I è bianca, le Pagine 2 e 3 che sono l’una di fronte all’altra, sono colorate, 4 e 5 sono di nuovo bianche e corrispondenti e così via. Se si fosse trattato di pergamena, non importa quante volte lo si poteva piegare, PARTE DELLA PELLE (interna) del foglio era di fronte alla PARTE DELLA PELLE (interna), e la PARTE DEL PELO collimava con la PARTE DEL PELO. Presumibilmente questo era il metodo con il quale si piegavano i fascicoli nel Medioevo. Durante l’Alto Medioevo, gli scrivani probabilmente assemblavano i loro fascicoli e vi scrivevano sopra nel corso della copiatura del manoscritto. Ma a partire dal XV secolo i CARTOLAI erano certamente in grado di fornire e vendere carta o pergamena già assemblati in fascicoli.

RILEGATURA

La RILEGATURA è l’ultimo stadio nella produzione di un manoscritto. Un libro non poteva dirsi, infatti, completato e pronto per essere immesso sul mercato una volta temiate le miniature. Era, infatti, costituito ancora da FASCICOLI sciolti, alcuni dei quali, probabilmente, smembrati in fogli separati. Tutto ciò andava raccolto insieme, messo in ordine, e tenuto insieme da una qualche legatura funzionale. Nel Tardo Medioevo tale compito veniva svolto dal cartolaio o rivenditore di libri e, quando è possibile identificare un rilegatore commerciale, questo spesso appare essere proprio un CARTOLAIO. Questa era, infatti, la persona che aveva preso gli ordini per i manoscritti da pubblicarsi e aveva poi distribuito i fascicoli fra i miniaturisti della città. A lui spettava, poi, il compito di ritirare le diverse parti del libro, ripulirle (cancellando le istruzioni e le macchie lasciate nel corso delle varie fasi della lavorazione), assemblarli in sequenza in accordo alle segnature o alla testatine ed infine rilegare il volume per il cliente. Per l’Alto Medioevo, quando il libro era produzione quasi esclusiva dell’ambito monastico, la rilegatura era fatta da uno qualsiasi dei membri della comunità che fosse in grado di portarla a compimento. Frequentemente i cataloghi delle biblioteche monastiche presentano uno o più scaffali con libri non rilegati, qualche volta nella forma di IN QUATERNIS, il che presumibilmente significa che essi erano tenuti insieme mediante qualche tipo di involucro più che trovarsi nella forma vera e propria di QUADRENI sciolti. Dal primo momento in cui si cominciò a mettere insieme i manoscritti nelle forma di libri piuttosto che i quella di ROTOLI o TAVOLETTE, i vari FASCICOLI venivano tenuti insieme attraverso una cucitura sulla piega centrale. Il libro è costituito da una serie di FASCICOLI uniti l’uno all’altro con le cuciture del primo e dell’ultimo di questi congiunti alle copertine. Le rilegature dei libri greci ed orientali erano essenzialmente di questo tipo così come quelle dei primi libri monastici occidentali.


Struttura interna della rilegatura: interno posteriore.
Parabole Salmonis ed altri testi. Inghilterra, tardo XII o primo XIII sec.
Head: Testa
Spine: Dorso
Split cords: Spaghi tagliati
Ex Libris: Ex Libris
For edge: Davanti
Lifted pastedown: Specchio
Sewing station: Punto di cucitura
Channeling: Grecaggio/Scanalare
Pegging: Fissaggio
Wooden board: Cassa di Legno
Turn-ins: Risvolto/Aletta/Bandella di pelle ovina
Tail: Piede
Tratto da Michelle Brown, Understanding Illuminated Manuscripts: A Guide to Technical Terms (London: The J. Paul Getty Museum in association with the British Library, 1994), 7.


Nel corso dell’intero Medioevo, tuttavia, i manoscritti venivano cuciti utilizzando fascette, cinghie o spaghi unite orizzontalmente ad angolo retto al dorso. I punti di ogni fascicolo passano attraverso la piegatura centrale e intorno alla fascetta stessa, di nuovo dentro al piega centrale e fuori ancora intorno alla fascetta, di nuovo dentro la piegatura e così via. Il seguente FASCICOLO sarà lo stesso e così fino a che tutti i fascicoli no saranno attaccati in modo sicuro alla cinghia posta lungo il loro dorso.

L’attacatura dei bifolia fra loro.
Tratto da A. Dzhurova, V’vedenie v slavyanskata kodikologiya. Bizantijskiyat kodeks I retseptsiyata my sred slavyanite (Introduzione alla codicolgia slava. Il codice Bizantino e la sua ricezione.) (Sofia: Cibal, 1997), 64.


A partire da almeno il XII secolo, tuttavia, la cucitura veniva effettuata mediante l’aiuto di un telaio. Questo è un congegno di forma simile ad un cancello, posto in posizione verticale sul banco di lavoro. Le fascette che formano come delle colonne di resistenza per il dorso, sono stese verticalmente sul telaio, essendo sospese fra la cima e il fondo del telaio stesso. Il primo fascicolo è posizionato sul banco di lavoro con il suo dorso contro queste fascette tese e viene cucito al suo centro ed intorno alle fascette stesse. Il fascicolo successivo viene disposto sulla sommità del precedente, tenuto pressato e steso da un blocco di legno in modo che non si perda l’allineamento, e viene sottoposto al medesimo trattamento ed in questo modo si prosegue fino a che il libro non è assicurato con il suo dorso al telaio. La cucitura è l’operazione maggiormente lunga nella rilegatura. I metodi per cucire i fascicoli variavano da secolo a secolo così come da luogo a luogo, qualche volta col punto strega, altre con SEGNATURA, altre andando intorno alla fascette una o più volte, o attraverso fessure praticate nelle fascette stesse. Una volta completata la cucitura, le fascette potevano essere unite da entrambi lati del telaio. Il libro ora può apparire lento ed i fascicoli possono ruotare su loro stessi; a ciò si poteva porre rimedio rendendo il tutto più stretto e sicuro (come avveniva nel Tardo Medioevo) cucendo dei capitelli alla sommità ed alla fondo del dorso.

Il metodo per attaccare bifolia già cuciti fra loro alla cassa.
Tratto da A. Dzhurova, V’vedenie v slavyanskata kodikologiya. Vizantijskiyat kodeks I retseptsiyata my sred slavyanite (Introduzione alla codicolgia slava. Il codice Bizantino e la sua ricezione.) (Sofia: Cibal, 1997), 65.

La CASSA dei manoscritti medioevali era generalmente di legno. La quercia era comunemente usata in Inghilterra e Francia, mentre pino e faggio i utilizzavano in Italia e così i manoscritti rilegati in Italia erano più leggeri di quelli nordeuropei. Qualche volta i PIATTI erano di pelle. L’uso del cartone (un materiale fatto con scarti di CARTA o PERGAMENA misti a colla) era assai poco frequente nel Medioevo e iniziò a diffondersi con una certa costanza a partire dal tardo XIV secolo specie in Europa meridionale, in Spagna ed in Italia, a Bologna, Milano ed infine a Padova. I Piatti della copertina, di qualsiasi materiale fossero fatti, venivano squadrati nella forma del libro. Nei primi manoscritti erano tagliati a filo con i margini delle pagine; a partire dal 1200 iniziarono ad eccedere i margini ed anche ad essere ripiegati su di essi. Le fascette sul retro dei FASCICOLI cuciti venivano allacciati alla Cassa. Spesso alcuni FOGLI VOLANTI erano aggiunti alla fine del libro (ciò spiega il costo per l’extra vello citato nei conti dei rilegatori), alcune volte riusando fogli scartati e rovinati di vecchi manoscritti. Le fascette potevano essere allacciate ai Piatti mediante vari metodi a seconda del tempo e del luogo, ma la metodologia di base era sempre la stessa. Le estremità delle fascette venivano assicurate ai Piatti attraverso MARTELLATURA DI PIOLI di legno o, qualche volta in Italia, chiodi. A questo punto il manoscritto è inserito nella Cassa pronto per essere usato. Di solito, comunque, l’esterno del libro poteva venir ricoperto di pelle CONCIATA e colorata.

Struttura della rilegatura esterna. Copertina del davanti con stampi in cortina e copertina di pelle conciata cesellata con la rappresentazione della Vergine e il Bambino Gesù. Pietro Comestorio, Historia Scholastica, 1451.
Head = testa
Tail = taglio
Spine = spina
Fore edge =fronte
Raised split cord = corde di separazione (segnalibri)
Metal claps =Fibbia
Metal boss = borchia in metallo
Endband = teminale delle corde di separazione
Metal cornerpiece = Pezzo in metallo per gli angoli (rinforzo)
London, British Library. Add. Ms. 18972. Copertina del davanti. Tratto da Michelle Brown, Understanding Illuminated Manuscripts: A Guide to Technical Terms (London: The J. Paul Getty Museum in association with the British Library, 1994), 6.


Su alcuni libri di epoca carolingia le RILEGATURE avevano semplici disegni impressi sulla pelle. In seguito si sviluppo una moda per l’ornamentazione a stampo delle rilegature nella Francia settentrionale a partire dal tardo secolo XII, e rilegature decorate mediante cesellatura (anche se poco comuni) si incontrano a cominciare dal XIII e XIV secolo. Con la metà del XV secolo, invece, tale pratica divenne assai diffusa. A partire da questo momento, i lati delle rilegature furono frequentemente decorate con serie di stampi di animali e piante appositamente preparate. Per far ciò si usava uno strumento metallico con manico in legno. Questo strumento veniva scaldato e, di seguito, il RILEGATORE lo prendeva con entrambe le mani e lo posizionava sulla rilegatura pressandovelo sopra con forza, usando il peso del corpo, e facendolo ruotare da una parte all’altra; l’operazione andava eseguita velocemente risollevando rapidamente lo strumento. Non era necessaria una enorme pressione per lasciare uno impressa una traccia sufficientemente nitida. Queste potevano risultare in file, a reticolo o in altri modi. La parte esterna della rilegatura poteva essere fornita di punzoni di metallo o PEZZI PER GLI ANGOLI e, di solito, con qualche tipo FIBBIA per mantenere il libro chiuso. La pergamena quando sia stata piegata, non importa quanto attentamente, tende a incresparsi in funzione delle variazioni di umidità e temperatura se non è tenuta ferma dalla delicata pressione di una FIBBIA. I libri medievali erano spesso anche infilati in involucri sciolti, dette CAMICIE o SOPRACOPERTINE, che avvolgevano l’esterno proteggendolo dalla polvere. Molto più frequentemente di quanto la sopravvivenza delle rilegature medievali possa suggerire, i manoscritti erano ricoperti da tessuto e broccati (materiali estremamente deperibili) o con pietre preziose e gioielli (che con molta probabilità so stati rimossi più o meno legittimamente) o con smalti e pitture. Gli inventari medievali sovente descrivono le rilegature, dal momento che la parte esterna di un libro rappresenta la traccia più semplice per riconoscerlo, e danno l’impressione che le biblioteche private e ben fornite dei ricchi signori o i tesori delle grandi chiese fossero pieni di libri con rilegature multicolori ed elaborate. L’arte rappresentata in questi lavori ci porta, però, fuori dalla bottega del CARTOLAIO e, invece, dentro quella dello smaltatore o del gioielliere.

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